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Appunti di Storia | 29 giugno 2025, 07:01

APPUNTI DI STORIA. La pipa di nonno Lorenzo, ovvero anni di guerra

La vicenda di un equipaggio tra nebbie, paure e scogli scambiati per sottomarini nella Prima guerra mondiale sui mari

L'incrociatore francese Léon Gambetta

L'incrociatore francese Léon Gambetta

Autunno 1916. Imperversava sui mari la guerra corsara dei sottomarini tedeschi contro le potenze alleate. Le navi mercantili italiane erano state tutte militarizzate e così anche quella su cui navigava mio nonno Lorenzo, già reduce fortunato di un siluramento austriaco in Adriatico nell'estate del 1915 da parte di un sommergibile. Lorenzo si era distinto anche tra quanti avevano soccorso i naufraghi del Léon Gambetta, unità della marina militare francese,  al largo di Santa Maria di Leuca nello Jonio, dopo un altro attacco austrogermanico con il sommergibile U5

La rotta della nave da carico su cui nel novembre 1916 erano imbarcati Lorenzo e altri marinai agli ordini del comandante Nicola Giribaldi, alassino purosangue, navigava alla volta di Brest, porto del Nord della Francia e avanzava tra immense cortine di nebbia che si alzavano quasi a coprire un cielo già grigio e solcato da gabbiani impertinenti. L'equipaggio era in allerta e il telegrafo di bordo continuava a sfornare notizie di siluramenti da parte dei tedeschi e di inviti alla vigilanza. Lorenzo di tanto in tanto tirava un po' di fumo dalla sua pipa acquistata in una delle soste italiane, più precisamente a Livorno, poi discendeva in cambusa, preso com'era dal suo lavoro. Ad un tratto un grido si leva dal ponte: naviglio misterioso affiora a pelo d'acqua a circa cento metri sul fianco destro, attenzione! Il comandante Nicola si alza di scatto dal suo lettino e corre semi-svestito a cercare l'altro ufficiale della nave: gli indicano la sagoma di un qualcosa di sospetto, scuro e sinistro, che si confonde con le onde e la nebbia.La confusione e la paura regnano sovrane. Lorenzo lancia lo sguardo in mare memore della passata brutta esperienza, ma un dubbio lo coglie e progressivamente coglie anche altri come lui. Nicola imbraccia una carabina e punta quell'oggetto strano e inquietante quando un marinaio, certo Stefano, nativo di Ventimiglia, grida: No! Si fermi comandante: è solo uno scoglio!. Allo sconcerto segue la sorpresa: non si tratta di un'insidia sottomarina tedesca, nè di un siluro già lanciato a distanza con obbiettivo la nave. 

Serpeggia la curiosità e poi tutti, tirando un sospiro di sollievo, si abbandonano ad una risata fragorosa. "Lorenzo, urla il comandante, stappa quella bottiglia in ghiacciaia! Ce la meritiamo: se non basta ne stappiamo un'altra e porta due gallette, visto che non c'è altro di meglio. Occorre brindare per lo scampato pericolo, a causa di un falso allarme. Anche questa volta abbiamo salvato la pellaccia!".

Così mi narrava mio nonno Lorenzo tra una tirata e l'altra della sua vecchia e gloriosa pipa, riposando sotto i due grandi alberi di limone che donavano ombra e pace sulla collina che separa ancora oggi, con le sue distese di ulivi, Laigueglia ed Andora, guardando verso Cervo. Nonno Lorenzo ricordava infine che nel 1904 nella baia di Port Arthur aveva partecipato alle operazioni di soccorso e di rimozione dei cadaveri dopo la terribile sconfitta russa da parte dei giapponesi dotati di mezzi navali moderni ed efficienti costruiti nei cantieri di La Spezia.

Pierluigi Casalino

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