Seduto al tavolino del bar, Forti sorseggia il suo caffè, una piccola pausa solitaria che ormai è la sua abitudine di metà giornata.
Mentre distratto osserva la tazzina, ripensa a tutte le persone e ai fatti di quest'indagine:
- i muratori; quelli che a rigor di logica sono in maniera incontrovertibile gli effettivi esecutori materiali dell'omicidio di Andora, ma la loro approssimazione nell'agire non lo convince.
- Il socio in affari; nonostante gli innegabili vantaggi derivati dalla morte di Dei, non è emersa nessuna prova reale a supporto di questa ipotesi.
- Le truffe agli acquirenti e le tangenti, tutte ottime ragioni per volere la fine dell'impresario, ma nessuna evidenza con la realtà, e soprattutto, nessuna prova a sostegno di queste piste.
- Francesca e suo padre… l'amore andato a male, il movente più antico del mondo, ma anche in questo caso le indagini non hanno dato esito positivo.
E allora... eppure il capitano Forti sente ancora addosso gli occhi disperati di Dei morente che lo fissano indicando il polso sinistro privo di orologio.
Ingoia l'ultimo sorso di caffè ormai freddo. Quest'indagine lo ha deluso, non sa perché, ma qualcosa non torna, proprio come dice la tenente Preziosi. Anzi, a dire il vero, tutto è fin troppo lineare: omicidio, movente, responsabili, prove… manca solo la confessione dei due muratori che, invece, continuano a dichiararsi innocenti.
Forti rientra nel suo ufficio, sulla scrivania il verbale preparato dalla tenente. Il capitano lo legge con attenzione, poi si sofferma un momento sulle immagini allegate:
il taglierino, l'auto scura, il portafoglio, il corpo della vittima e… l'orologio.
È proprio con l'ultima fotografia che una nuova ipotesi si fa largo nella sua mente.
Continua...






