Parte nuova raccolta firme popolari per l'apertura dell'università a Imperia. Ma politici e amministratori locali non sono tutti dello stesso parere. Sostengono la tesi Dc, Pci, Pri, oltre a un comitato promotore di cui fanno parte docenti, studenti, genitori e sindacati, industriali e commercianti. Ma sull'università del Ponente c'è anche chi, come il Psi, si dissocia.
"Pur non essendo pregiudizialmente contrari all'istituzione di altri poli, oltre a quello genovese, non riteniamo che qui a Imperia ne esistano le effettive condizioni", recita un comunicato dei socialisti imperiesi. Una posizione destinata a sollevare discussioni, proprio quando nelle scuole inizia la distribuzione dei moduli per raccogliere firme per una petizione "che dia forza ai parlamentari liguri che hanno presentato alla Camera la proposta di legge per l'Università a Imperia", conferma Marino Stragapede, presidente dell'Associazione Genitori. Perché i socialisti non condividono la posizione della maggioranza? "Chi è investito di responsabilità pubbliche dovrebbe valutare la situazione in base a criteri di priorità, fattibilità ed economicità - precisa Franco Manti, docente e membro dell'esecutivo regionale e del dipartimento nazionale scuola - noi riteniamo opportuno affrontare l'argomento con la dovuta cautela, senza facili entusiasmi".
Il recente disegno di legge del Consiglio dei Ministri sui finanziamenti alle università blocca per il 1989 le assunzioni di docenti, ricercatori e personale tecnico-amministrativo. Il piano quadriennale non inserisce poi la Liguria fra le regioni che necessitano di nuovi insediamenti universitari. "L'università non può essere considerata come un corso di studi superiori che offra qualificazione professionale né come ammortizzatore sociale di giovani che, restando a casa, non avrebbero impatti difficili con un nuovo ambiente, né come occasione di promozione sociale. Alcuni esempi (Roma-Tor Vergata e Potenza) confermano che le cattedrali nel deserto sono un inutile spreco: a facoltà dequalificate, gli studenti preferiscono università più affollate, o addirittura fuori dalla loro regione. Senza dimenticare che l'università non garantisce sbocchi occupazionali, e a Imperia poco cambierebbe, perché è ipotizzabile soltanto un numero molto limitato di facoltà. Sembrano per questo fuori luogo demagogie e ricerche di facili consensi, fondati su prospettive forse emotivamente affascinanti, ma di dubbia consistenza. Non vorremmo assistere ancora una volta ai soliti piagnistei nei confronti di Genova matrigna e accentratrice. Sarebbe invece possibile e realistica, in termini abbastanza brevi, la creazione di corsi speciali para ed eventualmente post-universitari. Invitiamo gli enti locali ad aprire un confronto con i dirigenti dell'ateneo genovese per garantire migliori condizioni agli studenti che lo frequentano. E, se proprio si vuole guardare al '92, per il comprensorio delle Alpi Marittime un polo già esiste: l'Università di Nizza, con la quale varrebbe la pena di avviare seri contatti".
In città, però, la pensano diversamente, come è stato ribadito anche in pubblici dibattiti.
"Nessuno vuole un'università di serie B, ma una presenza qualificata e rivolta alle professioni del futuro. Sostanziale è l'unità d'intenti, per marciare insieme e verificare il complesso iter della pratica. E presto si terranno assemblee sul tema: quali facoltà nel Ponente?", fa sapere Stragapede.














