C’è anche un imperiese tra i cinque marinai liguri (gli altri sono genovesi) che hanno appena iniziato l’avventura che li porterà a compiere il giro del mondo in barca a vela.
Protagonista dell’avventura il Kaya, splendida unità sul quale si sono imbarcati - a ottobre - i cinque ardimentosi marinai. L’imperiese è Andrea D'Amato. Gli altri sono: Silvio Ricci, che è lo skipper, Raffaella Salmoni, Guglielmo Corti e Franco Cattai, tutti di età compresa tra i 24 e i 31 anni. Sono partiti dal porto turistico imperiese il 4 ottobre scorso. Ora, dopo aver attraversato lo Stretto di Gibilterra e fatto scalo a Casablanca e Tenerife nelle Canarie, si trovano in pieno Oceano Atlantico. A giorni arriveranno alla Martinica, nei Caraibi. Da qui, se tutto procederà liscio, attraverseranno il Canale di Panama e affronteranno prima l’Oceano Pacifico, poi l'Indiano, nuovamente l'Atlantico e, infine, il Mediterraneo. Il viaggio dovrebbe durare ben tre anni.
L'arrivo è fissato a Imperia, appunto nell’autunno-inverno del 1989. La storia che ha portato i cinque giovani a tentare l'impresa è cominciata l’anno scorso. Tutti appassionati velisti, c’è chi ha venduto la propria auto chi addirittura l'appartamento, chi ancora ha fatto la pazzia di lasciare il posto di lavoro. Alla fine, lo skipper Ricci ha acquistato il Kaya., imbarcazione iscritta al compartimento marittimo d'Imperia e ormeggiata da tempo nello scalo di Porto Maurizio. La barca, lunga 15 metri e 30 centimetri, larga 4 metri, è stata progettata da Sciarelli ed era noleggiata da un ente morale tedesco che aveva deciso di adibirlo a istituto di recupero per pregiudicati, tentativo poi abbandonato. Da tempo, lasciata in balia di sé stessa, rischiava il disarmo prima del tempo. Da qui è nata l'idea del gruppo di amici. A poco prezzo hanno acquistato lo yacht, l’hanno quindi tirato in secco e, grazie alla collaborazione di molti appassionati imperiesi (la sistemazione della velatura oceanica è stata curata da Marco Massabò), lo hanno rimesso in sesto. Nel frattempo, per compiere l'impresa, hanno cercato anche qualche sponsor. Le risposte non si sono fatte attendere: la Marina Yachting ha fornito l’equipaggiamento e gli indumenti necessari all'impresa per tutti, la Polenghi Lombardo ha regalato ai giovani centinaia di litri di latte, l'enoteca Tre Merli ha fornito decine di bottiglie di spumante, l'Ansaldo ha messo a disposizione un impianto fotovoltaico sperimentale.
Una volta arrivati ai Caraibi (dove hanno portato, da Tenerife, anche Gianfranco Mazzarello, medico di bordo, e Giovanni Baldassarri) i cinque velisti si fermeranno qualche mese. Hanno in programma di effettuare alcuni servizi charter, affitto della barca ai turisti, soprattutto italiani, per fare le vacanze nel Golfo. Lo yacht oltre al desalinizzatore, è dotato di 12 cuccette, gruppo elettrogeno, sofisticati impianti di ricetrasmissione e di sestante, oltre a un impianto stereo, tv a colori e ogni altro genere di comfort. La continuazione del viaggio sugli oceani dipenderà anche da quanto i giovani riusciranno ad incassare. L'appuntamento, a Imperia, è allora tra tre anni.
Ps: la grande avventura terminerà, purtroppo, anzitempo, poco più di un anno e mezzo dopo, a metà del lunghissimo percorso. “Ci bloccò un problema tecnico grave, la barca rischio anche di affondare – ricorda oggi, a distanza di quasi 40 anni, Andrea D’Amato, super manager oggi responsabile dello sviluppo prodotti Garmin International con residenza a Milano – l’impresa sfumò ma, nella nostra mente, restò e resterà un’esperienza unica e irripetibile, capace di legarci per il prosieguo. Ci fu divertimento, tanto, fatica, solidarietà, amicizia profonda: d’altro canto, vivere giorno e notte, insieme, per più di un anno e mezzo, non poteva che creare un gruppo unito, forte e coeso. In quell’epoca, parliamo di una vita fa, c’era tra noi giovani di allora, una voglia infinita di avventura e libertà. Basti pensare che, almeno nella nostra immaginazione iniziale, l’idea era di approdare in un’isola sperduta dell’oceano e provare a vivere là per un po’ di tempo, prima di tornare, forse, a casa. Ancora oggi ci sentiamo, tutti chi più chi meno hanno poi sviluppato un lavoro o una carriera all’interno della nautica, del mare o della vela. Quell’antica passione, evidentemente, ci segnò, così come quel fantastico viaggio…”.














