Qualcuno ha detto e scritto che esiste il dovere della speranza. E non è certo una voce ininfluente visto che si tratta di Romano Prodi. Un dovere che permane e insiste anche e soprattutto per il capoluogo ponentino. Imperia ha appena compiuto cent’anni in cui ha vissuto tutte le fasi che una civiltà cittadina può riuscire a provare. Fino al primo ventennio del secolo scorso quella che diventerà poi capoluogo di provincia era divisa tra Porto Maurizio e Oneglia, due paesi con una vicinanza conflittuale dovuta, oltre che a componenti caratteriali degli abitanti, a due realtà sociali, urbanistiche ed economiche differenti.
Due paesi divisi e differenti. Per vicende del passato, tipo di economia, natura più residenziale di Porto rispetto a più industriale di Oneglia, differenze dialettali, struttura urbanistica, due porti, persino due diversi santi patroni e una rivalità sociale perdurante da secoli. Poi, qualcuno, ovvero Benito Mussolini, decide di farle diventare un’unica realtà urbana con il nome di Imperia.
Da allora la città, rimasta fondamentalmente l’unione di due paesi e oggi si direbbe con una unione a freddo, vive alterne fasi: dal secondo dopoguerra con la frenesia industriale di Oneglia grazie al pastificio Agnesi e la produzione olearia di Carli, Sasso, Berio e nel territorio di Porto Maurizio con le prime raffinerie italiane come Sairo e Rio, il successo turistico soprattutto dagli anni ’60 fino all’attuale situazione segnata dalla scomparsa di prestigiosi marchi (Agnesi, Sasso e Berio) e dal declino turistico di Porto Maurizio.
Adesso Imperia sta incentrando la sua rinascita sulla nuova e ormai conosciuta pista ciclabile percorribile fino a Ospedaletti e sul nuovo bacino diportistico per un sistema turistico-nautico, il tutto correlato a una rivisitazione della viabilità cittadina, dell’arredo urbano e della cura delle aree verdi. Da vedere se saranno sufficienti gli interventi dell’attuale amministrazione molto volenterosi ma non sempre efficaci e positivi, soprattutto nel contesto della viabilità.
Insomma esiste un dovere, quel dovere che dovrebbe prevalere in particolare proprio e assolutamente sul detentore delle chiavi della città: il sogno di chi lavora per il futuro di Imperia, per riportarla ai fasti che le competono e allontanare per sempre lo spettro dell’abbandono. Per il dovere della speranza.














