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Politica | 01 febbraio 2019, 16:05

Imperia: nominato da Di Maio sul caso Carige, Alessandro Scajola "Offeso? Lo sarei se non avesse fatto il mio nome" (l'intervista)

"L’ho presa come una elencazione di quelli che erano consiglieri alla prima crisi di Banca Carige, ma non mi sento toccato dalle sue parole"

Imperia: nominato da Di Maio sul caso Carige, Alessandro Scajola "Offeso? Lo sarei se non avesse fatto il mio nome" (l'intervista)

Alessandro Scajola, si è arrabbiato per essere stato nominato dal vice premier Di Maio sul caso Carige?

No, ha fatto solo un elenco degli amministratori della banca. Mi sarei offeso se non mi avesse nominato. L’ho presa come una elencazione di quelli che erano consiglieri alla prima crisi di Banca Carige, ma non mi sento toccato dalle sue parole. I veri guai sono arrivati dopo”.

Lei ci ha passato tanti anni in Carige.

Sì, prima ero nella Fondazione, poi sono entrato in Consiglio e ho finito nel 2013 da vice presidente del gruppo. Ma ci sono entrato per ragioni tecniche, non politiche, da vice segretario generale della Camera di Commercio, che indicava un membro del consiglio”.

Davvero nessuna ragione politica? Può sembrare strano.

Glielo spiego bene: lo statuto della banca prevedeva che nel consiglio ci fossero tre rappresentanti dell’amministrazione provinciale di Imperia e uno della Camera di Commercio di Imperia. Cozzi, che era presidente della Camera di Commercio, era diventato consigliere regionale. Per questo aveva dovuto rinunciare all’incarico di consigliere della banca, perché c’era una incompatibilità dovuta al fatto che la Regione aveva nel servizio di Tesoreria la Banca Carige. Una volta dimesso hanno messo il funzionario più alto in grado, che ero io. Poi ci sono rimasto, ma c’ero già. Questa è la verità”.

Saprà allora com’è che si è sviluppata la crisi.

Gennaio 2013. Il funzionario tecnico della Ragioneria porta il bilancio provvisorio al consiglio d’amministrazione. C’erano sorrisi perché il 2012 chiudeva con un utile abbastanza rilevante, un buon utile. Noi andiamo in consiglio e ne prendiamo atto, perché con un utile così alto avremmo potuto distribuire dei dividendi agli azionisti. Però c’era anche in corso, da un paio di mesi, un’ispezione della Banca d’Italia, i cui tecnici ci hanno detto che le cose non stavano così, perché, ci hanno spiegato, che la nostra Ragioneria aveva fatto i conti senza considerare le grosse svalutazioni che si erano verificate. Per cui erano stati messi in attivo i beni a garanzia dei mutui elargiti: palazzi e case date in garanzia dalla gente che faceva i mutui, ed era una cifra consistente che ci permetteva di stare tranquilli.

La Banca d’Italia in sostanza ci ha detto che dopo la svalutazione tra il 2008 e il 2012, c’è stata una riduzione di valore più ampia rispetto a quella prevista dalla Ragioneria, e rifacendo i conti eravamo in passivo. Un fulmine a ciel sereno determinato da un conteggio fatto secondo nostre valutazioni. Abbiamo poi chiamato i funzionari per chiedere spiegazioni, e loro ci hanno risposto che i calcoli erano stati fatti in base al valore di mercato di questi immobili. Questo non valeva per la Banca d’Italia. Noi ovviamente avevamo il dovere di dare retta alla Banca d’Italia, e sulla base di questo abbiamo riscritto il bilancio in passivo e al termine abbiamo azzerato il Consiglio. Quell’anno sono uscito da Carige
”.

Francesco Li Noce

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