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Sport | 31 ottobre 2022, 07:21

"Il Balùn è vivo, viva il Balùn": Scudetto numero 100 in Piemonte, ma a Dolcedo è già caccia al Tricolore 2023

A Dogliani per la bella 1.500 spettatori, a cui si aggiungono 1.200 device collegati alla diretta. La pallapugno non può che ripartire da qui se vuole continuare a essere lo sport simbolo di Cuneo e Imperia

"Il Balùn è vivo, viva il Balùn": Scudetto numero 100 in Piemonte, ma a Dolcedo è già caccia al Tricolore 2023

Sono passate meno di 48 ore, ma ho ancora negli occhi, nel cuore e nelle narici i colori, le emozioni e i profumi della finale numero 100 del campionato di serie A di pallapugno, andata in scena a Dogliani sabato 29 ottobre. Non nascondiamoci, quella di sabato potrebbe essere stata una giornata spartiacque per il balùn, se sapremo mettere a frutto quanto di bello visto sabato nello sferisterio langhetto, sugli spalti e in campo.

E allora partiamo dagli spalti. La platea è variegata, ci sono nonni con i nipotini, gruppi di amici con la bottiglia con il prodotto simbolo del luogo, il meraviglioso Dolcetto di Dogliani, altri che condividono i biscotti della salute e fumano le Nazionali senza filtro, una dietro l’altra. Al loro fianco gruppetti di ragazzini che raramente staccano lo sguardo dallo schermo dello smartphone, ma che avranno il merito di invadere Tik Tok con spezzoni di giocate e tutti sappiamo quanto ci sia bisogno di portare la pallapugno sui social utilizzati dai più giovani.

L’entusiasmo è palpabile, lo sferisterio ribolle di passione e attesa. Arrivo nel catino di Dogliani alle 13.45. Mancano ancora tre quarti d’ora al fischio d’inizio, ma mi accorgo subito di essere l’ultimo. Nello sferisterio non ci sta uno spillo.

L’atmosfera è magica. Il pubblico è colorato e si divide. Da una parte gli oltre 500 rumorosissimi tifosi arrivati dalla Liguria, con il sogno di riportare lo scudetto oltre il colle di Cadibona dopo 26 anni. Il loro colore, il colore di Dolcedo, dell’Olio Roi San Bernardo Imperiese è il verde. Tifano per “Fede” Federico Raviola, da Mondovì, un ragazzone con il viso e i lineamenti dolci, dal carattere d’oro, l’unico a riuscire negli ultimi 10 anni a infilarsi nella lotta tra Vacchetto e Campagno.

Dall’altra parte l’altrettanto numeroso, ma meno rumoroso pubblico arrivato dalla vicina Cortemilia. La pancia è ancora piena dallo scudetto conquistato 12 mesi prima, ma usciranno alla distanza e si faranno sentire, eccome. I colori della Nocciole Marchisio Cortemilia sono il giallo e il verde. Tifano per Max Vacchetto, da Monteu, un roerino doc. Anche lui un ragazzo gentile e umile che in campo si trasforma e che a 29 anni è già una leggenda di questo sport, con sei scudetti cuciti sul petto.

Nota di colore, trovo sia molto bello, come sottolineato anche nella diretta di Fabio Gallina e Paolo Tibaldi che le due squadre siano sostenute da due aziende che producono e commercializzano i prodotti simbolo di rispettivi territori, l’olio per Imperia e le nocciole per Cortemilia, anche questo è un segnale che la pallapugno possa essere sempre più un veicolo promozionale per le eccellenze dei territori.

Ma torniamo al campo Fede e Max, sono gli eroi tra cui si divide il pubblico, gli eroi di cui ha bisogno il Balon, da Augusto Manzo a Feliciano, da Bertola a Berutti. Bene ha fatto la federazione, la Fipap a premiare, con il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, e l’assessore regionale allo Sport, Fabrizio Ricca, tutti i capitani ancora in vita che hanno vinto il tricolore tra il 1965 e il 2022: Riccardo Aicardi (4 scudetti), Carlo Balocco (2), Giuliano Bellanti (3), Felice Bertola (12), Massimo Berruti (6), Bruno Campagno (3), Roberto Corino (4), Paolo Danna (4), Stefano Dogliotti (1), Flavio Dotta (1), Donato Feliciano (2), Riccardo Molinari (2), Marco Pirero (1), Federico Raviola (1), Rodolfo Rosso (1), Alberto Sciorella (4) e Massimo Vacchetto (7 dopo la finale di ieri).

Dicevamo che di campioni ha bisogno il Balon e ieri Federico Raviola e Massimo Vacchetto sono stati due campioni. Si sono dati dati battaglia, con le rispettive quadrette, per quasi 4 ore offrendo giocate spettacolari e colpi di scena che hanno tenuto incollato il pubblico presente e collegato online di quella che probabilmente sarà l’ultima partita giocata agli 11 giochi della storia ultrasecolare di questo sport.

Altra piccola parentesi: se le partite fossero tutte come quella vista ieri si potrebbe andare anche ai 44 giochi che nessuno si annoierebbe, ma su questo bisogna ancora lavorare molto.

Dopo l’inno di Mameli cantato dal soprano Serena Garelli parte la sfida tra i due dominatori della stagione. Max Vacchetto prova a scappare, sfruttando le troppe falle dell’avversario, ma Federico Raviola recupera dal 3-1 e si va alla pausa sul 5-5. Equilibrio perfetto.

Nel secondo tempo Dolcedo sembra averne di più, passa a condurre i giochi.

Sul 9-7 per l’Imperiese, ecco la chiave di volta della partita. Max Vacchetto si accascia a terra, in tanti pensano sia finita, prima i crampi, poi un dolore alla coscia. Sembra fatta per i liguri che già assaporano lo scudetto dopo oltre un quarto di secolo.

Nel cambio campo qualche tifoso troppo scaldato e un po’ maleducato pensa già di poter banchettare sui resti di Vacchetto. Vola qualche parola pesante. Qualcuno insinua che il risentimento muscolare possa servire da scusa a Max per giustificare la sconfitta.

In quel momento succede qualcosa, qualcosa che si chiama orgoglio, o, a queste latitudini 'Gheddo'. Max Vacchetto si rialza, lancia baci ai tifosi avversari e diventa un leone. Da quel momento la sua battuta si allunga di 15 metri, i suoi ricacci sono precisi, il campione in carica vola su ogni pallone e per Raviola non ci sarà più nulla da fare. Cortemilia vince 11-9 e Vacchetto dimostra ancora una volta di essere un grande campione, con un equilibrio mentale straordinario che gli consente di prendere forza nei momenti di difficoltà.

Non fosse un termine ormai abusato potremmo parlare di Resilienza, ma abusiamone anche noi perché è la stessa resilienza che ha dimostrato ieri la pallapugno, sport che tante volte è stato dato per morto, ma che non muore mai e che ieri è sembrato estremamente in salute.

Da qui bisogna ripartire, da quei bambini felici divisi tra Max e Fede, da tutti noi che abbiamo il compito di fare tutto il possibile perché lo sport della nostra terra continui a essere vivo. Il balùn è vivo, viva il balùn.

Marcello Pasquero

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