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Attualità | 03 agosto 2025, 17:56

Quale futuro per Imperia e gli imperiesi? Una riflessione che vale una domenica di inizio estate

Una città che deve fare i conti con una diminuzione di commerci e affari

Quale futuro per Imperia e gli imperiesi? Una riflessione che vale una domenica di inizio estate

Il futuro è oscuro. Non è una rima per caso, è il pesante fardello del mistero, quello stesso mistero che avvolge il domani di Imperia. Infatti, la domanda più che legittima è quella riguardante il destino del capoluogo ponentino che, dopo la luce degli anni ’60, sta vivendo un periodo da definire almeno come chiaro-scuro. Non è questo il modo per addebitare all’attuale sindaco una qualsiasi responsabilità anzi, obbligatorio ammettere che Claudio Scajola tenta di cambiare un destino che sembra già scritto.

 Il nostro primo cittadino ha messo in atto un piano di asfaltature peraltro necessarie, ha perfino migliorato strade rischiose come quella per la frazione di Sant’Agata, è riuscito a completare il sistema della pista ciclabile (pur con qualche eccesso e qualche mancanza), ha dimostrato impegno per la viabilità (pur con qualche intervento almeno discutibile) e ha deciso di acquisire il marchio ʽVele d’Epocaʼ ottenendo un finanziamento ministeriale per un triennio, la parte più visibile delle sue ʽazioniʼ. 

Tanti interventi che non possono certo assegnargli una qualsiasi dose di pigrizia amministrativa come sindaco nullafacente e inattivo. Tutt’altro. Caso mai gli si può addebitare un brutto carattere, ben poco incline alle critiche costruttive o meno, poco adatto alla discussione e a normali rapporti con l’opposizione. Però, che cosa ha fatto o meglio, che cosa poteva fare per il futuro di quella città che afferma di amare? Le prospettive di Imperia teoricamente potrebbero essere legate all’industria o al commercio o al turismo. Peccato che, soprattutto, nel confronto con gli anni ’60 il tessuto industriale sia praticamente scomparso eliminando, quindi, quella possibile opzione sfavorita anche dal fatto di comunicazioni più o meno problematiche su strade, autostrade e ferrovia oltre dalle endemiche carenze di spazi. 

Che sono i medesimi elementi capaci, purtroppo, di condizionare tutto il territorio ponentino per qualsiasi prospettiva da scegliere. Il commercio, invece, al di là di voci più o meno allarmanti, sembra godere di buona salute: è soprattutto quello legato all’olio extravergine di oliva taggiasca con la presenza di una importante e altre tantissime aziende di dimensioni medie e piccole su tutto il territorio provinciale. 

Per il turismo, infatti, forse quelle situazioni viabili sono le meno condizionanti visto che il comparto sembra resistere al di là delle solite e tipiche lamentele degli operatori direttamente protagonisti che denunciano una diminuzione di presenze e di affari. Allora, dopo un’analisi pur non approfondita, si può anche soltanto immaginare il possibile futuro del capoluogo ponentino? Difficile rispondere, più facile lasciare ʽai posteri l’ardua sentenzaʼ ammettendo, però, che l’Imperia attuale non è né carne e né pesce. Insomma, non sembra avere una predestinazione a differenza della situazione degli anni ’60 quando occupava il quarto posto nella classifica nazionale per il reddito pro capite e gli amministratori di allora avevano scelto un futuro di commercio, industria e turismo. Peccato che non era una scelta. 

Ino Gazo

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