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Attualità | 24 marzo 2024, 11:14

Ivanoe Amoretti, il martire imperiese delle Fosse Ardeatine

A 80 anni dall'eccidio nel quale vennero trucidati dalle truppe nazifasciste 335 civili e militari italiani, prigionieri politici, ebrei e detenuti comuni

Ivanoe Amoretti, il martire imperiese delle Fosse Ardeatine

A 80 anni dall'eccidio delle Fosse Ardeatine avvenuto a Roma il 24 marzo 1944 nel quale vennero trucidati dalle truppe nazifasciste  335 civili e militari italiani, prigionieri politici, ebrei e detenuti comuni, come rappresaglia per l'attentato partigiano di via Rasella, compiuto il giorno prima dai Gap, riproponiamo l'articolo scritto dallo storico Mario Ottolenghi Andreoletti su Ivanoe Amoretti, il martire delle Fosse Ardeatine 

Ivanoe Amoretti nacque ad Imperia il 12 Novembre del 1920, da Augusto ed Antonietta Delbecchi.

Rimasto orfano di padre dall’età di quattro anni, dopo le scuole medie si iscrisse al liceo scientifico a Genova e, ottenuto il diploma, frequentò la facoltà di Ingegneria, sempre nel capoluogo ligure.

Studi universitari che interruppe volontariamente poiché temeva di gravare troppo sulla madre, rimasta vedova, e con altri figli. Chiese quindi di essere ammesso all’Accademia militare di Artiglieria e Genio di Torino, cosa che avvenne, e dove, viste le sue qualità, ottenne il grado di sottotenente in servizio permanente effettivo.

Fu quindi assegnato alla 6ª Divisione fanteria Isonzo con la quale partecipò alle operazioni belliche della Seconda guerra mondiale, prima in Grecia e successivamente in Croazia. Qui, nelle postazioni italiane più avanzate, lo raggiunse la notizia dell’armistizio a seguito del quale, vista l’oscena condotta di Badoglio che lasciò i soldati italiani allo sbando e alla mercé del nuovo nemico, già il 9 settembre la Wermacht attaccò le guarnigioni italiane ivi inclusa quella dell’Amoretti. Questi, dopo aver preso parte ai primi combattimenti ed essere stato ferito lievemente a una gamba, riuscì a fare ritorno in patria unendosi ad altri commilitoni e trovando il modo di raggiungere Roma.

Giunto nella Capitale, prese immediati contatti con il movimento resistenziale che andava costituendosi. Lì si inserì nell’organizzazione clandestina “Travertino” che era raccolta attorno alla carismatica figura di Monsignor Desiderio Nobels, parroco belga della chiesa di San Giuseppe.

L’intento principale della banda era quello di fornire il maggior numero di informazioni agli anglo americani che stavano facendo il massimo sforzo per liberare la Città eterna. Viste le sue capacità, l'Amoretti fu subito incaricato di addestrare un nucleo di volontari del quartiere, detto l’Arco di Travertino e successivamente assegnato a una mansione più importante: il servizio di informazioni alle dipendenze della Vº Armata dove, per dirla con Don Nobels, serviva uno come lui “attivo ma calmo, preciso, taciturno”. Fu così che l’Amoretti fornì, correndo elevatissimi rischi, notizie precise, documentate e sovente corredate da mappe e da schizzi fatti sul luogo.

Nei sopralluoghi presso gli obiettivi sensibili ingannò spesso la sorveglianza nazifascista. In un’occasione, nel suo ritorno dal costruendo campo di aviazione tedesco presso Tor Sapienza, viaggiò bagnato dalla pioggia insistente confondendosi in mezzo agli stessi soldati teutonici. Ancora, effettuò delicati turni di guardia presso una zona scoperta della via Flaminia per poi essere impiegato in quella che sarebbe risultata essere la sua ultima missione: accertare gli effetti di un bombardamento alla Cecchignola.

Era il 12 febbraio e fu catturato dalle SS, probabilmente a causa di una delazione. Dopo l’arresto i nazisti misero a soqquadro l’appartamento di via Calabria preso in affitto da tal Signora Paini (la quale era, come tutti, ignara dell’attività partigiana dell’Amoretti). Ma i nazisti non trovarono nulla: il nostro  aveva, infatti, abilmente nascosto le preziose carte militari all’interno di una canna  dove appendeva le cravatte

Nulla trapelò sull’organizzazione di cui faceva parte. Niente, né a via Tasso dove fu sottoposto alle orrende torture da parte della Gestapo, né a Regina Coeli. Il “tenace e generoso” Ivanoe Amoretti non parlò mai.

Il 23 marzo del 1944, a seguito della nota azione gappista di via Rasella, fu tra i primi nomi della lista dei 330 (poi divenuti 335) di quelli destinati a morte per la rappresaglia decisa dal Comando nazista. Il giovane, dopo essere stato prelevato dalla sua cella, venne, dunque, condotto alle Fosse Ardeatine e trucidato insieme agli altri prigionieri designati.

A Ivanoe Amoretti Imperia ha intitolato una bella via di cornice: quella che corre sulla collina tra l’ospedale cittadino e la Piazza della Vittoria. La Repubblica Italiana, nel 1995, gli ha conferito la medaglia di bronzo al valor militare alla memoria

La sua è una storia che conferma quanto intenso, determinato ed eroico fu l’apporto degli imperiesi alla Resistenza: vuoi con i partigiani sulle montagne, con il sacrificio di tanti civili, con i militari che, come Ivanoe Amoretti, scelsero di stare dalla parte giusta.

La sua salma oggi riposa nel sacello 103 del Mausoleo delle Fosse Ardeatine insieme a quelle delle altre vittime dell’eccidio. 

Quando morì aveva solo 23 anni.

 

La rubrica Appunti di storia di Pierluigi Casalino torna è rimandata 

Mario Ottolenghi Andreoletti

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