In val d'Aosta, persino i fascisti in smobilitazione e i partigiani fecero causa armata comune contro i tentativi francesi di annessione della regione, perché ritenuta da De Gaulle francofona.
Sotto la guida di spiriti resistenti illustri come lo storico Chabod, l'italianità della Val d'Aosta venne preservata. Da noi, nel Ponente ligure, l'ordine di De Gaulle era di occupare in profondità l'Imperiese e oltre, decurtando il territorio nazionale di tratti fondamentali della storia e della geografia ligure, tratti che solo parzialmente vennero perduti con il Trattato del 1947, non senza veementi polemiche, che divisero la sinistra italiana e quella francese.
I tirailleurs senegalesi avevano fatto irruzione ad Imperia addirittura dopo il 25 aprile 1945, suscitando la reazione allarmata delle varie componenti del CLN.
L'intervento deciso su De Gaulle del presidente americano Roosevelt e poi Truman, ma anche dello stesso Winston Churchill, sollecitati da uomini come Paolo Emilio Taviani, e soprattutto l'arrivo tempestivo ad Imperia delle truppe alleate comportarono il ritiro immediato dei francesi.
Il disegno di De Gaulle puntava in genere su Aosta, Imperia e Cuneo fin dal 1943 e la documentazione inedita si ritrova negli Archives Nationales parigini e negli archivi militari e diplomatici francesi.
Il progetto francese proseguì nonostante l’armistizio con gli Alleati dell’8 settembre 1943 e l’entrata in guerra dell’Italia contro la Germania, con lo status di cobelligerante.
In una conferenza stampa dell’aprile 1944 De Gaulle dichiarò senza mezzi termini: “Noi porteremo la nostra offensiva in territorio italiano” anche perché “lassù, nelle Alpi, io tengo molto a che le ostilità non finiscano su un confine mal tagliato. Prima che cessi il fuoco dobbiamo lavare su quel terreno gli oltraggi subiti”.
Pur di realizzare questo disegno, il Général ostacolò in ogni modo la partecipazione dell’Italia alla guerra comune contro Hitler così come la collaborazione tra i partigiani francesi dei maquis e quelli italiani.
Il progetto di annessione si materializzò negli ultimi mesi di guerra, alla mezzanotte del 23 marzo 1945, quando le truppe francesi, guidate dal generale di corpo d’armata Paul-André Doyen, su esplicito ordine di de Gaulle (che raccomandò in un dispaccio riservato: “In alcun modo dovrà giungere all’orecchio degli Alleati lo scopo dell’organizzazione progettata”) avanzarono ben oltre il confine con l’Italia, provocando subito una grave crisi internazionale con Churchill e Roosevelt, che erano contrari alle pretese della Francia.
Nelle zone occupate, a Ventimiglia e più avanti sulla costa ligure, per fare un esempio, i francesi inviarono le loro spie con un compito politico ben preciso: preparare il terreno favorevole all’annessione, influenzando le popolazioni, con comizi, riunioni segrete, volantini e manifesti con il tricolore di Francia.
Stamparono e diffusero schede di voto di questo tenore: “Io sottoscritto dichiaro di optare per la Francia mia patria di origine e di accettare le sue leggi. Viva la Francia!”.
Ma la reazione dei piemontesi, liguri e valdostani fu dappertutto negativa, con l’eccezione di Tenda, dove il sentimento francofilo era prevalente. L’ultimatum del nuovo presidente americano Truman, pose termine ai piani francesi e all’occupazione militare.
L'ultimo atto di questa vicenda fu la Conferenza di Parigi del 29 luglio 1946. Il presidente del consiglio Alcide De Gasperi, al momento del suo intervento, fu accolto da un silenzio di ghiaccio. Poi con un discorso di 45 minuti di grande dignità, spiegò di sentire “la responsabilità e il diritto di parlare come democratico antifascista, come rappresentante della nuova Repubblica”, illustrando l’apporto dato dalla Resistenza italiana e dal Corpo di Liberazione militare alla guerra contro la Germania.
Il Trattato di Pace venne firmato il 10 febbraio 1947. Alla Francia l’Italia cedette complessivamente 709 chilometri quadrati; in tutto, poco meno di 4500 abitanti. Il piano di De Gaulle era sostanzialmente fallito.