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Eventi | 26 giugno 2021, 11:15

Un viaggio unico alla scoperta del Giappone attraverso beni che fanno splendere il Sol Levante, basta andare a Varese

Da oggi i due piani del Castello varesino ospitano una collezione dedicata al disegno e al design del Paese del Sol Levante. Un’occasione unica per scoprire una cultura e una tradizione che da sempre ci affascinano. Galimberti: «Occasione esaltante per il turismo di prossimità in una location perfetta»

Un viaggio unico alla scoperta del Giappone attraverso beni che fanno splendere il Sol Levante, basta andare a Varese

Perché noi italiani, anzi, noi europei siamo affascinati dal Giappone? Come mai siamo attratti da un Paese così apparentemente lontano da noi?

Da oggi, sabato 26 giugno, possiamo fare un passo in più verso questa straordinaria cultura, grazie alla mostra Giappone, Disegno e Design – dai libri illustrati Meji ai manifesti illustrati d’arte contemporanea, esposta al Castello di Masnago, Varese, fino a domenica 11 settembre 2022.

Le stampe e i volumi sono stati presentati da Davide Galimberti, sindaco di Varese, Daniele Cassinelli, direttore dei Musei Civici, Rossella Menegazzo ed Eleonora Lanza, curatrici della mostra e del catalogo, e Massimo Negri, architetto che si è occupato del progetto grafico e dell’allestimento delle cinque sezioni in cui l’esposizione è suddivisa.

«Questa è una mostra particolare – commenta Galimberti – perché nasce dal recupero di un patrimonio che era già di proprietà del Comune di Varese, giaceva negli archivi non esibita in modo corretto». La città, quindi, è riuscita non solo a valorizzare parte del proprio patrimonio, ma anche a entrare in sinergia con istituti di ricerca, università e, soprattutto, con il Giappone, tanto più in anno così particolare quale quello delle Olimpiadi (rimandate nel 2020, si svolgeranno, appunto, a Tokyo).

Il sindaco prosegue con un messaggio potente per Varese: «È importante organizzare mostre di questo genere per una città come la nostra, che fa del turismo di prossimità un elemento caratterizzante, soprattutto se collocata in una location che deve essere conosciuta ancora di più, con tutte le sue potenzialità». Non poteva mancare un ringraziamento tanto agli studiosi, per il loro delicato compito di ricerca, quanto alla direzione del Museo, per aver saputo valorizzare in pieno le opere.

Cassinelli ripercorre il cammino dal ritrovamento dei materiali, grazie a una allora studentessa universitaria prossima alla tesi, all’allestimento della mostra: «I beni che abbiamo esposto erano, e sono, parte del fondo della Biblioteca Civica, conservati in un deposito ma mai stati studiati. Quando li abbiamo trovati, li abbiamo digitalizzati con tutte le accortezze indicate dal Ministero, hanno un valore non solo locale, ma internazionale, permettono a Varese di riconnettersi con l’Estremo Oriente, di ricominciare, come accadeva a fine Ottocento, a dialogare con paesi lontani». Ma non sono presentati “solo” i documenti ritrovati nella biblioteca varesina, «abbiamo chiesto ad alcuni designer giapponesi di realizzare opere e manifesti appositi, stiamo collaborando con tante associazioni che si sono appassionate al tema. È stato un lavoro esemplare, sostenibile, per certi aspetti, perché stiamo utilizzando beni e materiali già presenti, che facciano vedere ai cittadini la nuova, rigenerata identità di Varese».

Le curatrici della mostra, la professoressa Rossella Menegazzo e la dottoranda Eleonora Lanza, si soffermano sull’aspetto culturale dell’esposizione, un vero e proprio «progetto a 360 gradi, che ha previsto anche una parte di studio e di divulgazione, ha permesso di portare avanti la ricerca con l’Università e proporre stage negli uffici comunali, oltre ad aver coinvolto enti, associazioni e fondazioni giapponesi. È stato un percorso completo, allargato a tutte le fasi di una progettualità che, speriamo, vada avanti con le attività collaterali», afferma con soddisfazione la Menegazzo.

Giappone – Disegno e Design, continua la professoressa, «affronta un tema mai toccato in Italia, perché è incentrata sul periodo Meji, un momento di rivoluzione assoluta dal punto di vista culturale, sociale, economico, nonché di contatto con l’Occidente, quando il Giappone ha dovuto aprirsi al commercio e ai trattati d’amicizia, come quello stretto con l’Italia, nel 1866. I libri che abbiamo esposto sono lo specchio di quell’epoca, in cui l’interesse verso la cultura europea e italiana si unisce alla ricerca solo giapponese sull’aspetto pittorico del design».

Una ricerca che guarda, in particolare, al commercio: i libri con i disegni e le decorazioni venivano stampati, infatti, sia per i collezionisti, sia per mostrare agli artigiani quello che poteva essere riprodotto su ceramiche, scatole, kimono, tessuti di vario genere.

Anche la dottoressa Eleonora Lanza, colei che ha fisicamente scoperto i volumi, con tutta la loro storia, ha sottolineato il ruolo fondamentale dei libri «come testimonianze sia della cultura e delle tradizioni giapponesi, sia di un periodo che ha reso la Lombardia un crocevia importante nel commercio della seta»: tra gli anni Sessanta e Settanta dell’Ottocento, infatti, in Europa si era diffusa una pestilenza che aveva decimato i bachi da seta, per cui bachicoltori, produttori di bozzoli e i commercianti di uova di bachi sono stati obbligati a rivolgersi ai “colleghi“ del Sol Levante, incontro che ha favorito ancora di più lo scambio anche di elementi culturali.

I beni esposti, inoltre, «provengono da un fondo donato dal marchese Ettore Ponti, figlio dell’industriale Andrea Ponti. A inizio Novecento, Ettore è stato a lungo sindaco di Milano, una persona di grande lungimiranza e ampie vedute sui paesi esteri, che ha voluto rendere fruibili a tutti le opere di sua proprietà. Il mio studio ha, inoltre, considerato anche il fondo lasciato da Giuseppe Baratella, più legato allo scambio di bachi da seta».

Tra le associazioni con cui le curatrici hanno collaborato, la principale è la Unsodo Fine Art Publisher, casa editrice per eccellenza di Kyoto, da cui sono stati pubblicati alcuni tra i volumi esposti, «esempio del fatto che non ci sia mai stata una vera rottura con il passato, ma solo una continua modernizzazione dei materiali».

È intervenuto anche Massimo Negri in merito all’allestimento, «più che mai legato alle opere esposte. Non abbiamo ricreato un presunto stile giapponese, ma tutti gli elementi sono ispirati dai libri stessi, in un percorso che amplia la visita della mostra».

La mostra, che si sviluppa nei due piani del Castello di Masnago, è visitabile da martedì a domenica, dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 14 alle 18, previo acquisto di biglietto di ingresso (5 euro intero, 3 euro ridotto). Il Castello si trova all’interno di Parco Mantegazza, a cui si può accedere da via Monguelfo.

Giulia Nicora

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