Attualità - 04 dicembre 2025, 18:43

"Mio figlio entrerà all’asilo solo a 4 anni”: quando la burocrazia diventa un ostacolo ai diritti dei bambini

La storia di una famiglia di Imperia che da tre anni lotta per un posto al nido o alla materna: tra graduatorie piene, promesse disattese e costi proibitivi del privato

"Mio figlio entrerà all’asilo solo a 4 anni”: quando la burocrazia diventa un ostacolo ai diritti dei bambini

È da quando il loro bambino aveva un anno che questa famiglia di Imperia prova, invano, a ottenere un posto all’asilo. Nel Comune ci sono solo due nidi  nido pubblici e, come spesso accade,  costantemente al completo. La speranza era passare direttamente alla scuola dell’infanzia: così l’anno scorso il piccolo è stato iscritto alla materna. La risposta, però, è stata un rifiuto: “È troppo piccolo, ha due anni e mezzo e non tre compiuti. Probabilmente ci sarà posto a gennaio”, avevano detto. Una promessa che aveva acceso una piccola luce. Da li a  poco è arrivata una nuova doccia fredda.

Una promessa che aveva acceso una piccola luce, ma a gennaio, probabilmente, si spegnerà definitivamente. Nessun posto disponibile, nessuna soluzione alternativa. "L’impressione -  racconta la madre - è che per le istituzioni questo bambino debba entrare all’asilo direttamente a 4 anni, come se i due anni precedenti non contassero. Nel frattempo le conseguenze sono reali: il bambino socializza poco, parla ancora poco, non ha un contesto educativo stimolante".  E la madre – che aveva scelto di stare con lui il primo anno di vita – ora non può lavorare perché non ha nessuno a cui affidarlo.

Soluzioni alternative, nella pratica, non ce ne sono. Il privato costa circa 600 euro al mese, una cifra fuori portata per la famiglia, come per molte altre nella stessa situazione. E così si crea un paradosso: l’accesso all’educazione, un diritto fondamentale per ogni bambino, diventa una questione economica. La madre parla di “storia di ordinaria burocrazia”. Di quelle che non fanno rumore, ma che cambiano la vita delle persone. Perché non si tratta solo di un posto all’asilo: si tratta del diritto allo sviluppo del bambino, della possibilità per una madre di lavorare e di una famiglia di vivere con dignità. Ed è difficile non condividere la loro frustrazione: “Siamo disperati e arrabbiati: è un diritto di nostro figlio”, dicono oggi.

La loro storia non è un caso isolato: riguarda un sistema in cui l’offerta di servizi educativi nella prima infanzia a Imperia è spesso insufficientemente strutturata dove un solo nido deve rispondere ai bisogni di centinaia di famiglie. La speranza della famiglia è che la loro denuncia possa smuovere qualcosa, perché dietro le graduatorie e i regolamenti ci sono bambini che crescono e genitori che cercano solo di garantire loro un futuro migliore. E che la burocrazia, un giorno, possa finalmente fare spazio ai diritti.

Diego David

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