La questione del nuovo porto turistico di Imperia torna al centro dell’attenzione, soprattutto alla luce del recente parere della Corte dei Conti che finisce per imporre agli storici proprietari un vero e proprio paradosso: dover ricomprare i posti barca che avevano già pagato all’epoca del progetto Acquamarcia di Bellavista Caltagirone. .Vincenzo Giardiello, presidente dell'Appi, ricorda come vennero gestite allora le vendite e come furono sottoscritti i contratti. L’ufficio di Acquamarcia, infatti, dove venivano firmati i contratti di acquisto dei posti barca, era posizionato a ridosso della banchina Anselmi, in un box che risultò poi, tra l'altro, abusivo.
Gli acquirenti vennero tratti in inganno: quel prefabbricato esponeva una grande scritta Comune di Imperia, dando l’impressione che tutto fosse istituzionalmente garantito. Un elemento che smentisce le narrazioni di chi oggi sostiene che l’inchiesta sul porto fosse “farlocca”.
“I posti barca venivano venduti con la partecipazione del Comune e l’immagine lo dimostra. I nostri soldi sono serviti per la realizzazione del porto”, sottolinea Giardiello.
La vicenda subì un brusco cambio di direzione nel 2012, quando la concessione demaniale viene dichiarata decaduta. “Con quel provvedimento – afferma Vincenzo Giardiello – il Comune di Imperia si è appropriato dei nostri posti barca, gratuitamente. Tutti i diritti che avevamo acquisito sono svaniti”. Con la nuova concessione, gli ex proprietari sostengono di trovarsi ora completamente privi di qualsiasi tutela: “Non abbiamo più alcun titolo. Siamo stati cancellati. Abbiamo perso tutto: soldi, diritti e posti barca. E adesso qualcuno vorrebbe pure che li comprassimo di nuovo”.
A questo punto arriva la domanda che l’Appi ritiene fondamentale e che Giardiello pone con chiarezza: “La Corte dei Conti è stata messa al corrente di tutto ciò? Sa come sono stati raccolti i soldi, dove venivano firmati i contratti, come si è arrivati alla decadenza e a chi sono finiti i posti barca?” Una vicenda lunga e complessa, che – nelle parole dell’Appi – continua a lasciare irrisolti aspetti amministrativi ed economici e, soprattutto, un senso profondo di ingiustizia verso chi aveva investito nel porto.














