Accadde Oggi - 24 novembre 2025, 07:02

ACCADDE OGGI, 24 NOVEMBRE 1981. L’irriverente Gaber fa il pienone al Cavour e non risparmia politica e politicanti

Insulti dal pubblico, ma lui va avanti tra canzoni e monologhi

ACCADDE OGGI, 24 NOVEMBRE 1981. L’irriverente Gaber fa il pienone al Cavour e non risparmia politica e politicanti

Per oltre due ore ha cantato, recitato e vibrato unghiate contro il potere. Alla fine, esausto e senza voce, è stato costretto rinunciare, suo malgrado, a concedere il quarto “bis” a un pubblico entusiasta che lo ha coperto di applausi scroscianti. E dire che, tra gli organizzatori, c’era qualche timore, alla vigilia, nel proporre al pubblico imperiese un artista “difficile”, in qualche modo, come Giorgio Gaber

E, invece, è stato un successone. Il recital del cantautore milanese, andato in scena in un teatro Cavour affollatissimo, è stato il secondo in ordine di tempo, in Italia, dopo il debutto nazionale della settimana scorsa a Cesena, prima tappa in Liguria. In platea tanti giovani ma anche adulti e pensionati, la dimostrazione che Gaber ha un pubblico davvero trasversale. Soltanto uno spettatore non ha resistito sino al termine dello show e, urlando un insulto all’indirizzo dell’artista, ha lasciato il Cavour prima della fine. Motivo della diatriba, a quanto pare, l’esecuzione del brano lo se fossi Dio, ballata che ha suscitato tante polemiche.

Gaber è tornato sul palco dopo un'assenza di tre anni. “Semplice: prima non avevo nulla da dire. Adesso, invece, ce l'ho”, ha spiegato con la sua tradizionale irriverenza. Gli anni del suo spettacolo sono gli ultimi dieci, “affollati di paure, mali, possibili guerre: anni disperati, senza dignità”. Così li definisce nel testo, realizzato in collaborazione con Sandro Luporini. Sempre da solo sulla scena nuda (tranne una breve parentesi in compagnia di un porcellino d'India, al quale si rivolge chiamandolo affettuosamente Gismondo), ha sfoderato l'abilità camaleontica, è riuscito a trasformarsi in rigido fustigatore dei costumi, prima, in erotomane che ama la masturbazione, poi, discutendo quindi amabilmente di scienza privata e universale.

Una sedia, una chitarra, un paio di riflettori. Tutto qui.  Per catturare l'attenzione della gente e coinvolgerla sui temi più scottanti basta e avanza. A un certo punto se l’è presa con politici e politicanti: “untuosi” i democristiani; “grigi” quelli del Pci; “compagni, e il titolo gli sta proprio bene” i radicali; “la schifosa ambiguità dei socialisti”;  la borghesia reazionaria e gli extraparlamentari sono “ammalati di giovanilistiche utopie”.
Da canzoni e monologhi traspare evidente un senso di dolore e disgusto. “Abbiamo toccato il fondo, ma uno spiraglio di speranza l'ho lasciato aperto…”, ha detto prima di congedarsi dal pubblico imperiese.

Giorgio Bracco

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