Un sogno coltivato per dieci anni, una promessa fatta in India e finalmente realizzata: Francesco Belgrano, originario dell'imperiese, e il suo amico Filippo della Casa hanno intrapreso un'epica avventura in sella alle loro moto, con destinazione il cuore pulsante dell'Africa. Un viaggio fatto di sfide, incontri inaspettati e la tenace volontà di inseguire le proprie passioni, chilometro dopo chilometro. Abbiamo avuto il piacere di scambiare qualche parola con Francesco, per farci raccontare la genesi di questa straordinaria impresa.
Francesco, ci racconti: come è nata questa passione per i viaggi in moto e cosa ti ha spinto a intraprendere un'avventura così ambiziosa proprio in Africa? Qual è stata la scintilla?
"Ho sempre viaggiato, tanto che ho deciso di farne un vero e proprio stile di vita. Anni fa ho lasciato il mio lavoro come tecnico informatico per dedicarmi al lavoro online. Mi occupo di motori di ricerca e strategie di marketing per aziende. Ho il mio studio a Imperia e, in questi anni, oltre a viaggiare, ho costruito la mia attività con collaboratori che mi supportano anche quando sono in giro per il mondo, come ora in Africa.
Dieci anni fa, ho incontrato un ragazzo in India che stava viaggiando. Abbiamo mantenuto i contatti e, quando è tornato in Italia, a Torino, siamo diventati buoni amici. Io ho sempre avuto una vita normale, una casa, un lavoro, amicizie ma con la forte passione per i viaggi, ritagliandomi periodi di tre o quattro mesi all'anno per esplorare il mondo".
Come è nata l'idea di questo viaggio?
“La vita ti pone di fronte a diverse situazioni e io credo che in ogni circostanza ci siano delle opportunità. Bisogna saperle cogliere perché portano a fare esperienze che, inevitabilmente, ti cambiano. In un momento particolare della mia vita, mi sono trovato di fronte a una sorta di "rotonda" e non di bivio, parlando con Filippo, con cui avevo viaggiato in Giappone, mi ha detto: 'Francesco, ricordi quel viaggio in Africa che ci eravamo promessi dieci anni fa? Perché non lo facciamo adesso?'. Mi ha dato quattro giorni per decidere e dopo due gli ho detto di sì. Nel giro di un mese avevo comprato la moto e fatto tutti i documenti. Così, a gennaio di quest'anno, siamo partiti".
E la preparazione? Sembra una decisione presa di getto...
"Preparazione? Zero completa! Sapevo andare in moto, ho comprato la moto... e via! Tutte le mie moto precedenti si erano rotte. Avevo viaggiato molto, in Cina, in America, e non pensavo di fare altri viaggi del genere. Invece, ho comprato una moto a scatola chiusa, sono andato a ritirarla a Perugia e la sera prima della partenza abbiamo fatto festa. Alle nove e mezza del mattino dopo è iniziata la nostra avventura. Non ci siamo fatti troppi pensieri".
Qual era l'itinerario iniziale e perché la scelta è ricaduta sull'Africa?
"Ho fatto molti viaggi, ma l'Africa è un'esperienza unica. Non tanto per il paesaggio, quanto per lo spessore umano, l'impegno, l'intensità: è completamente diverso. Perché l'Africa? In realtà, la decisione è stata presa all'ultimo momento, basandoci su quella promessa fatta con Filippo in India di esplorare almeno la costa occidentale africana. Anni fa ero stato in Sierra Leone su invito di un conoscente, Franco Maragliotti. L'idea era un po' di ricalcare quel percorso che avevo già fatto, un viaggio simile a una 'Italia-Dakar', per intenderci".
Qual è stata la vostra prima tappa e quali le successive?
"Ci siamo imbarcati a Genova e dopo due giorni siamo sbarcati a Tangeri, in Marocco. Lì abbiamo fatto un po' i turisti, visitando Casablanca e le città imperiali come Fez e Marrakech, fino ad Essaouira e parte del deserto del Sahara marocchino. Scendendo verso sud abbiamo attraversato il Western Sahara, la Mauritania, il Senegal, il Gambia, la Guinea Bissau, la Guinea Conakry, la Sierra Leone, la Liberia, la Costa d'Avorio, il Ghana, Togo e Benin, la Nigeria e l'Angola".
Quali sono stati finora i momenti più inaspettati o sorprendenti di questo viaggio?
"Sicuramente due episodi mi hanno segnato più di altri. Il primo è accaduto in Guinea-Bissau, ero a Bissau, la capitale, quando ho scoperto una strada che si addentrava completamente nella giungla, larga poco più di una moto, quasi un sentiero di trekking, tanto che non era segnalata sulla cartina. L'ho trovata per caso. Siamo arrivati a un baobab dove c'era una casa e un uomo che stendeva un asciugamano della Juventus. Gli ho chiesto informazioni su quel percorso e mi ha detto che iniziava proprio dietro casa sua. Ci siamo avventurati nella giungla e siamo arrivati a un fiume. Eravamo soli e non sapevamo come attraversarlo quando, dall'altra sponda, è arrivata una piroga con un ragazzino a bordo che ci ha fatto cenno di salire. La barca aveva parecchia acqua e il giovane la svuotava con un secchio. Prima è andato Filippo e poi io. Una volta salito, ho visto arrivare altre persone e un motorino. Eravamo tutti stretti sulla piroga, sperando che non si capovolgesse. L'acqua era arrivata a metà barca e il ragazzo faticava a svuotarla a causa del peso. Finalmente siamo arrivati sull'altra sponda e, tirato un sospiro di sollievo, abbiamo ripreso il nostro viaggio.
Il secondo episodio è accaduto nel cuore pulsante della Nigeria, quasi un'odissea ai confini del reale. Quel giorno, l'aria densa e umida della giungla nigeriana ci avvolgeva, mentre il sole era in rapida e inesorabile discesa. Eravamo lì, nel bel mezzo del nulla, stanchi, affamati e senza soldi. La pista sterrata che avevamo ingenuamente seguito si era fatta via via più ostile, trasformandosi in un insidioso sentiero di montagna, quasi una mulattiera. Le nostre moto, fino a quel momento instancabili, all'improvviso ci avevano mollato, una dopo l'altra. La disperazione iniziava a serrare la gola, quando, un debole rombo ruppe la quiete. Dalle tenebre era emersa la figura di un uomo in sella a una modesta motoretta, che, con la semplicità disarmante della gente di questa terra, ci ha chiesto se avessimo bisogno di aiuto. La fortuna, a volte, veste panni inaspettati.
Filippo, grazie alle sue capacità meccaniche, si era chinato sui motori spenti e dopo un po' era riuscito a far ruggire nuovamente le nostre fedeli due ruote. L'uomo ci ha guidati attraverso la notte fino al suo villaggio, un microcosmo di vita semplice e autentica: un grappolo di casupole di fango con tetti di foglie, immerse in un'oscurità punteggiata solo dalla luce tremolante di qualche fuoco. Lì, dove la corrente elettrica era un lusso sconosciuto, siamo stati accolti con una generosità disarmante. Ci hanno offerto della Coca-Cola in mancanza dell'acqua e succosi ananas come ristoro. Dopodiché ci hanno invitato a pernottare nella piazzetta del villaggio. Il mattino seguente, ci siamo congedati dai nostri inaspettati angeli custodi, pronti a riprendere il nostro viaggio. Quello che più ci ha colpito di questo episodio è stata l'ospitalità e la disponibilità che si riscontrano in Africa verso i viaggiatori. Si tratta di una solidarietà profondamente radicata e ineguagliabile in questa gente".
Il viaggio di Francesco e Filippo continua, portandoli alla scoperta di nuove culture e sfide, con la loro inseparabile compagna a due ruote. Un'avventura che testimonia come la passione e la determinazione possano superare ogni confine.
Segui il viaggio di Francesco e Filippo su: https://www.polarsteps.com/LiberiDiAndare/15726553-africa