Il fantasma dei dazi si aggira tra i vigneti e gli ulivi del ponente ligure. Ma le preoccupazioni dei produttori locali non sembrano essere a livello di guardia. E il motivo qualificante di questa relativa tranquillità è incentrato o sulla realistica valutazione della minaccia considerata più una boutade che una vera promessa, oppure sulla quantità che qualifica come prodotto di nicchia. “Non abbiamo motivi di preoccupazione – ammette Carla Rizzo che cura il marchio Laura Aschero di Pontedassio –. Il nostro export di vini bianchi e di rossese negli Stati Uniti è così limitato che, se per colpa dei dazi lo rifiutano, possiamo piazzarlo in Italia e negli altri nostri mercati come Giappone e Gran Bretagna: l’ultimo ordine in partenza per l’importatore di New York è per 2 mila e 400 bottiglie”.
Non ci sono minacce concrete, quindi, per le eccellenze del ponente ligure, rossese, ormeasco, pigato e vermentino, come l’extravergine di oliva che, all’estero, sono considerati autentici preziosità della gastronomia. Anche l’olio di oliva taggiasca, infatti, è sulle tavole a stelle e strisce dei consumatori più raffinati.
“Per noi è il mercato dove esportiamo di più – spiega Pierluigi Rinaldi, con la sua famiglia titolare della storica Azienda Raineri –. Almeno finora non abbiamo segnali di dazi dai nostri importatori e, comunque, possiamo sempre contare su altri nostri mercati tradizionali come Germania, Gran Bretagna, Giappone e Sud America”.
Un orizzonte commerciale piuttosto vasto, insomma, che mette al riparo l’azienda da qualsiasi inconveniente. “Da sempre abbiamo un importatore a New York e più di recente anche in California – precisa Rinaldi – e parliamo di un export entro i 500 mila euro circa all’anno, rilevante nel contesto del nostro export ma non tale da crearci problemi”. Se la tranquillità non evita un accurato esame della situazione, non manca chi è ancor più guardingo.
“Aspettiamo come si evolve la vicenda dazi dal prossimo 2 aprile – confessa Laura Oliveri della famiglia proprietaria dell’Azienda Vinicola Durin di Ortovero –. Dobbiamo capire se Trump tornerà sui suoi passi anche perché un terzo dei produttori vinicoli è in mano ad americani e, quindi, c’è una lobby potente che lavora per sgonfiare questa mina vagante”. Una possibilità che, comunque, non tranquillizza. “Da febbraio abbiamo due ordini in partenza per i nostri importatori in California e in Virginia – confessa –ma, per il momento, vogliamo capire come sarà la situazione dopo il 2 aprile anche se le vendite negli Usa rappresentano solo il 15 per cento del fatturato totale”.