Domani sera riparte la festa de “U Scunfoegu. Una antica tradizione di Pietrabruna che si perde nei millenni addietro e che ha ritrovato la vita nel 2015.
Organizzata dalla Proloco, questo evento, dove si potranno gustare ravioli, pollo, salsiccia, rostelle, costate, frittelle di zucchine e una invitante quantità dolciarie, non è soltanto gastronomico e festa popolare.
È il rinnovare antiche tradizioni, millenni di memorie che rappresentano le radici del paese, il ritorno alla sintonia con la natura. Insomma una serata – si comincia alle ore 19,30- che, per gli abitanti del paesino, dovrebbe essere non solo un’occasione di allegria, convivialità ma anche e soprattutto un ritorno alle origini, allo spirito più antico e genuino del significato di comunità.
Negli anni della rinascita, nel primo periodo del dopoguerra, infatti, molti degli “indigeni” ricordano ancora questo evento – u Sconfoegu ra ‘Nunzia -: allora era e deve ancora essere un’esplosione di allegria, una festa della gioventù paesana e non solo e della vita che ne erano il riflesso , nel gioco delle parti, le alte e spettacolari fiamme.
Certo, perché il coprotagonista della festa era e continua ad essere fuoco, le fiamme come alienazione dalle brutture di una guerra e, forse ancora prima, della stagione fredda, e della rinascita per un futuro e una stagione più favorevole. Ovviamene il falò doveva essere alimentato: erano soprattutto i giovani ad occuparsene spesso anche eccedendo le normali “operazioni”.
Così anche i tronchi usati per sostenere gli ulivi erano sradicati e trascinati al fuoco purificatore ma non mancavano di diventare legna da ardere per l’allegria pure le porte dei fienili o delle stalle più vicine. E, nel gioco delle parti, si intromettevano i proprietari di queste ultime “prede” con azioni di disturbo e di difesa che aumentavano il carattere festoso della serata a cui naturalmente contribuivano fiumi di vino.