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Economia | 11 novembre 2020, 07:14

Liguria ‘arancione’: parla Enrico Calvi (FIPE Confcommercio): “Salvare il periodo di Natale per evitare la chiusura di molte aziende. Rafforzare i controlli ai trasgressori”

“Gennaio, febbraio e marzo, senza il respiro che garantirebbe Natale vedrebbe la difficolta di tantissime delle nostre 1.700 aziende”

Enrico Calvi (FIPE Confcommercio)

Enrico Calvi (FIPE Confcommercio)

La Liguria passa ufficialmente in zona ‘arancione’ a causa del propagarsi omogeneo dei contagi su tutto il territorio. La prima decisione di assegnare alla regione il colore ‘giallo’ aveva fatto storcere il naso a qualcuno che, sebbene sollevato dalle restrizioni più severe, rendeva esplicita la propria preoccupazione al fronte dei dati allarmanti che seguitano a registrarsi. Insomma, il passaggio di colore era inevitabile e adesso, come cita il titolo di una famosissima serie tv “Orange is the new black”, poiché la situazione dei commercianti e soprattutto dei ristoratori e quindi anche bar sembra ripiombare nell’oscurità dell’incertezza.

Lo abbiamo chiesto a Enrico Calvi, responsabile provinciale di FIPE Confcommercio: “Il nostro timore più grande, giustificato dai dati del contagio dall’andamento nazionale, è che tutte queste misure e continui cambi da zona gialla a zona arancione non siano risolutivi ma che non stiano facendo altro che prolungare l’agonia e preannunciare la chiusura totale in tutta Italia. Si spera che questa decisione possa salvare almeno il Natale, sarebbe impossibile uscire dall’inverno perdendo il periodo delle feste. Avrebbe avuto, anche a parere degli associati, più logica chiudere fin da subito il mese di novembre vista la gravità del momento. Possiamo anche chiudere domani, ma purtroppo vediamo in giro tantissima gente che non rispetta le regole e pochissimi controlli. Molti trasgressori anche senza mascherine all’esterno dei locali ma nessun intervento. Facciamo l’ennesimo sacrificio dopo esserci dotati di tutti i dispositivi atti a contrastare la pandemia. Questa chiusura parziale non salva l’economia e  non riduce il rischio dei contagi”.

È una mezza soluzione che rischia di vedere costi ancora più alti. Si valuta inoltre - conclude Calvi - la chiusura totale dal 15 novembre se così fosse andremo a perdere quasi tutto il mese di dicembre, volendo essere ottimisti. La salute prima di tutto, ma gennaio, febbraio e marzo, senza il respiro che garantirebbe Natale vedrebbe la difficolta di tantissime delle nostre 1.700 aziende presenti sul territorio. Siamo un comparto che offre occupazione a circa 6 mila addetti, siamo la prima risorsa economica del territorio e dunque un peso così grosso sulle nostre spalle rischia di affossare la nostra economia che ha una forza agroalimentare importante ma non sufficiente da uscire dalle secche di un lockdown protratto fino a dopo Natale”.

Diego Lombardi

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