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Economia | 05 ottobre 2018, 07:23

Quanto costa un figlio alle famiglie italiane

Quanto costa un bambino nel primo anno di vita? I recenti dati Istat mostrano un calo drammatico relativo al tasso di natalità in Italia. Nel 2017 sono nati 464mila bambini, oltre 10mila in meno rispetto al 2016.

Quanto costa un figlio alle famiglie italiane

Quanto costa un bambino nel primo anno di vita? I recenti dati Istat mostrano un calo drammatico relativo al tasso di natalità in  Italia. Nel 2017 sono nati 464mila bambini, oltre 10mila in meno rispetto al 2016.

Gli esperti sostengono che la crisi e la disoccupazione abbiano avuto un impatto negativo diretto sulla volontà di creare nuove famiglie e anche sulla loro dimensione.

Mantenere un figlio è particolarmente caro in Italia. L’Osservatorio Nazionale Federconsumatori ha recentemente pubblicato un’indagine sui costi relativi al mantenimento di un figlio nel primo anno di vita. Dallo studio sulla spesa sostenuta per un bambino nei primi 12 mesi emerge che il costo varia da 7mila ai 15mila euro, con un aumento medio dell’1,1% nel 2017 rispetto al 2016.

Ci sono i prodotti, gli accessori indispensabili (passeggini, seggiolini…) ma anche tutta la sfera del childcare. Secondo uno studio di Cittadinanza Attiva, nel 2017 gli asili nidi comunali sono costati dai 500 euro al mese nella città di Lecco fino ai 100 euro al mese di Catanzaro, passando però da Cuneo (458 euro), Trento (437 euro), Mantova (427 euro). Sempre che ci sia il posto. In caso contrario o ci si affida a nidi privati, ancora più onerosi, oppure bisogna trovare una baby sitter.

Anche qui però il costo che deve sostenere una famiglia non è da poco. Sitly, sito specializzato nella messa in contatto di famiglie e baby sitter, con oltre 600mila iscritti, ha rilevato lo scorso anno che la tariffa media oraria di una tata italiana fosse di 7,67 euro. Molto più di quello che accade in Finlandia e Danimarca, dove le richieste non arrivano ai 6 euro l’ora, o in Olanda, nazione in cui si resta sotto i 7 euro (dati raccolti attraverso ricerche effettuate nei diversi Paesi in cui il gruppo Sitly è presente).

Se poi si considera che in Italia i giorni di vacanza scolastica sono 200 all’anno, non c’è da stupirsi che molte mamme scelgano di stare a casa piuttosto che lavorare per pagare la retta di nidi e baby sitter.

L’Ispettorato nazionale del lavoro ha evidenziano come nel 2016 il 5% delle 30 mila donne che si sono licenziate l’ha fatto per i costi troppo elevati nella gestione dei figli, a cui si aggiunge un altro 20 per cento licenziatosi perché non c’erano posti all’asilo nido per il bambino.

Considerando le ricadute dei problemi socio-economici sull’occupazione femminile sono concrete e significative, le istituzioni dovrebbero prestare attenzione al tema.

 

 

 

 

 

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