L'Amarcord - 08 novembre 2025, 12:51

L'AMARCORD DEL SABATO. La misteriosa eredità in denaro di De Amicis contesa tra Imperia e Torino

Il tema, scottante, venne discusso dal parlamentino cittadino a inizio novembre del 1984

Anche la città di Imperia, alla stregua di Torino, venne interessata alla sorte dei due, forse addirittura quattro miliardi di lire, eredità dell'ultimo figlio dello scrittore Edmondo De Amicis, che all'epoca si credette fossero nascosti in una cassetta di sicurezza in una banca di Lugano. Il tema, scottante, venne discusso dal parlamentino cittadino a inizio novembre del 1984. Il segretario comunale, Paolo Calzia, ricevette l'incarico dalla Giunta di chiarire, con l'ausilio di un legale, il delicato argomento.

Il "dubbio", chiamiamolo così, degli amministratori, trasse origine dal testamento con cui Vittoria Bonifetti, vedova dell'avvocato Ugo De Amicis, ultimo figlio del celeberrimo autore del libro Cuore, lasciava a Imperia, città natale di De Amicis, un cospicuo patrimonio costituito da manoscritti, quadri, opere d'arte e mobili preziosi, riservando invece a Torino i beni immobiliari, affinché  il relativo reddito proveniente dalla dismissione dell'ingente patrimonio fosse trasformato in borse di studio a favore degli studenti poveri. Non venne fatto cenno, però, del denaro liquido lasciato. E questo particolare, appunto, alimentò il quesito testamentario che l'amministrazione imperiese cercò in qualche modo di sciogliere. La vicenda, abbinata al grande successo ottenuto dall'allora recente trasmissione televisiva di Cuore, pose nuovamente posto all'ordine del giorno il problema dell'eredità De Amicis. Eredità che, se adeguatamente valorizzata, avrebbe potuto (come poi in realtà è stato, ma molti anni dopo)  rappresentare per Imperia una grande occasione promozionale. Basti pensare alla ricostruzione esatta dell'appartamento di De Amicis a Torino, con i mobili originali, i quadri, la biblioteca con 3.000 volumi e addirittura le finestre originali. I reperti, già trasportati a Imperia, vennero conservati in parte a Palazzo Pagliari (i mobili), al Parasio, in parte nella ex caserma Siffredi (i libri) e ancora nella vechcia biblioteca civica (i manoscritti). Tra i mobili c'era anche la scrivania sulla quale fu scritto Cuore; tra i quadri due disegni a inchiostro del Michetti, uno contenente un ciuffo di capelli di Giosuè Carducci e altri con dedica di personaggi celebri, un libri di Silvio Pellico quando era intendente in casa dei marchesi Barolo. Di gran valore il patrimonio rappresentato dalle lettere e dai manoscritti vergati da D'Annunzio. Giuseppe Verdi, Emile Zola, Alessandro Manzoni e tanti altri autori. 

Ma come finì l'intricata vicenda? Ce lo spiega un articolo a firma di Paolo Di Stefano, pubblicato il 24 maggio 2023 sul Corriere della Sera. "...L'eredità di Edmondo De Amicis, l’autore di uno dei libri più fortunati dell’editoria italiana, era divenuta addirittura un intrigo internazionale: una somma non da ridere. Questa volta l’erede universale, designato da Ugo, il figlio di Edmondo, è il Comune di Torino, con l’impegno di destinare la cifra a borse di studio per "scolaretti poveri". Fatto sta che, morto Ugo nel ’62, il denaro, depositato in una banca di Lugano, finisce intestato a Vittoria Bonifetto, moglie di Ugo, e a suo fratello Giulio. Ci saranno passaggi ulteriori dopo la scomparsa dei discendenti diretti, episodi poco chiari, come l’entrata in scena di una vecchia governante della famiglia De Amicis che si presenta in banca, con l’avvocato, per incassare. Respinta, rende nota la vicenda al Comune di Torino, che fino ad allora era al corrente soltanto della parte "italiana" del lascito. Siamo nel 1984, ed è troppo tardi. Il denaro è sparito dal conto, rimangono due cassette di sicurezza, ma il contenuto è poca roba. L’esposto del sindaco torinese al pretore svizzero per identificare l’autore del maltolto non ottiene risultati. Il sospetto cade immancabilmente su un politico democristiano, il quale era stato legale della coppia Bonifetto e noto per essere stato al centro di uno scandalo petrolifero. Non proprio una questione di… cuore, insomma".

Giorgio Bracco