Attualità - 14 maggio 2025, 07:03

Villa Faraldi valorizza il museo U Gumbu de Nuccio, un antico frantoio del XVII secolo

Grazie agli interventi finanziati con il progetto 'Cultura Open Hub – innovazione e turismo nei borghi' ha vinto il bando Borghi PNRR

Villa Faraldi valorizza il museo U Gumbu de Nuccio, un antico frantoio del XVII secolo

I lavori di restauro eseguiti all’interno del frantoio sono stati di tipo conservativo, a eccezione del consolidamento di una volta. Ora lo storico gumbu è pronto a diventare un luogo simbolo per le memorie storiche del borgo e un frizzante centro culturale. 

E’ il museo U Gumbu de Nuccio, un antico frantoio del XVII secolo, gestito dall’associazione Tovo nel Cuore. Il frantoio è diventato la sede del museo dell’Olio, parte del museo diffuso La Via dei Gumbi. All’interno sono esposti reperti storici e video esplicativi: i visitatori potranno seguire l’intero processo di produzione dell’olio extra vergine d’oliva, dalla raccolta delle olive alla spremitura e alla conservazione. 

Eventi, mostre e attività entreranno a far parte della proposta culturale del museo, e saranno dedicate a celebrare la storia locale e il legame speciale della comunità con il suo territorio. U Gumbu de Nuccio è molto più di un edificio antico: è un monumento che racconta la storia di generazioni di contadini dedite all’arte millenaria dell’olivicoltura. 

Qui, in questo ambiente carico di storia, è possibile immergersi nelle tradizioni e nelle tecniche che hanno reso famoso il nostro territorio per la produzione di olio d’oliva di alta qualità. Oggi grazie al recupero e alla ri-funzionalizzazione di U Gumbu de Nuccio, la cosiddetta Via dei Gumbi trova oggi un punto di connessione simbolico e importante per l’identità del nostro borgo.

Da sempre Villa Faraldi è un territorio ricco di corsi d’acqua e non è un caso che gli avi abbiamo sfruttato proprio la forza idrica per la produzione dell’olio. Principalmente i frantoi ad acqua sono stati costruiti vicino al torrente Cervo o lungo il corso dei suoi affluenti. La zona a ridosso del Cervo era quella dove ce n’erano di più e dove oggi se ne possono ammirare ancora diversi. Altri, di numero inferiore, invece sfruttavano l’acqua dei rivi affluenti (Villa, Scuglia, Tovo, Bestagnolo, Gazzelli, San Bartolomeo e del Bosco) che però avevano una portata minore e soprattutto discontinua quindi è stata necessaria  la costruzione di grandi vasche di accumulo per permettere comunque una disponibilità d’acqua sufficiente per la frangitura che sovente richiedeva anche la forza delle bestie. L’acqua veniva usata per lavare le sanse.