“Molte famiglie perderanno i loro cari”. È la frase shock pronunciata alcuni giorni fa dal premier inglese Boris Johnson, che ha parlato alla nazione dopo l’aumentare dei casi di coronavirus nel Regno Unito. Ma altrettanto scioccante, per molti, è stato sapere cosa l’Inghilterra ha in mente di fare per contrastare il contagio: niente, semplicemente aspettare che gli inglesi sviluppino gli anticorpi.
Un atteggiamento, quello del premier, affiancato dagli esperti scientifici e sanitari del governo, che inevitabilmente si ripercuote sui comportamenti della popolazione.
Da anni a Londra vive la sanremese Stefania Rulfi, un passato in politica, oggi manager della galleria d’arte Richard Orlinski. L’abbiamo contattata per chiederle come nella vita di tutti i giorni gli inglesi stanno convivendo con il virus. Se in Italia le prescrizioni del governo hanno costretto tutti i cittadini a rimanere nelle proprie case fino al 3 aprile, in Inghilterra, nonostante i segnali che arrivano dal resto del mondo sembrano anni luce dall’adottare provvedimenti di questo tipo.
“Non conosco nessuno che si sia ammalato, – conclude – nelle mie conoscenze non c’è nessuno, tutte le persone che conosco, che sono tante, come me stanno facendo vita regolare”.